Lavorare con le LEGGI DELLA SEMPLICITÀ

Dieci semplici leggi per sottrarre l’ovvio e aggiungere significato

Creativo di livello internazionale, informatico e graphic designer John Maeda raccoglie in “Le leggi della semplicità” l’evoluzione della sua teoria, fotografata nel 2006 ed in continua evoluzione sul suo blog lawsofsimplicity.com

Leggi della semplicità da applicare alla ricerca, alla vita, nelle tecnologie, negli affari e nel design.

Semplificare per sottrarre l’ovvio e aggiungere significato in un mondo o momento in cui ogni aspetto non necessariamente legato al lavoro ed alla produttività suona un po’ come un privilegio.

E’ un privilegio ad esempio il tempo (terza legge), le emozioni (settima legge) o la conoscenza (quarta legge) che si aggiungono ad altre sette leggi che costituiscono i 10 principi suddivisi in tre gruppi da tre leggi ciascuno:

– dalla 1 alla 3: la semplicità di base, applicabile immediatamente al design di un prodotto o alla disposizione dell’arredamento di una stanza.

– dalla 4 alla 6: la semplicità intermedia, più difficile da cogliere.

– dalla 7 alla 9: semplicità profonda, porta ad avventurarsi in riflessioni ancora da maturare.

– la 10 legge, la legge unica, riassume tutte le altre

Oltre alle 10 leggi, John Maeda propone 3 chiavi per “schiudere” la semplicità in ambito tecnologico.

Ma quali sono le 10 leggi della semplicità di John Maeda?

Legge 1 – RIDUCI

“il modo più semplice per conseguire la semplicità è attraverso una riduzione ragionata.”

In questa legge la questione fondamentale è dove sta l’equilibrio tra quanto si può rendere semplice un sistema e quanto deve essere complesso per funzionare alla perfezione.

Il processo di riduzione Maeda lo riassume in un’unica parola: SHE (Shrink, Hide, Embody) tradotto rimpicciolisci, nascondi e incorpora che l’autore motiva con esempi chiari, un processo di evoluzione che deve comunque tener presente il principio che le parti buone possono fare grande un prodotto ma le parti ottime possono renderlo leggendario.

Legge 2 – ORGANIZZA

“l’organizzazione fa si che un sistema composto da molti elementi appaia costituito da pochi”

Anche in questo caso Maeda riassume la legge in un’unica parola: SLIP (Sort, Label, Integrate, Priorize) che tradotto suona ordinare, etichettare, integrare e stabilire delle priorità focalizzando gli elementi prioritari secondo il princicpio paretiano che, dato un sistema di dati, l’80% è gestibile ad un livello di priorità bassa e il 20% richiede il massimo.

Legge 3 – TEMPO

“i risparmi di tempo somigliano alla semplicità”

Il problema principale è scegliere come spendere il tempo di cui disponiamo magari applicando il principio della SHE visto nella Legge 1.

Maeda non dà solo spunti su come gestire il tempo, ma cerca di dare una motivazione a come lo stesso è percepito dall’utente attribuendo una particolare importanza al concetto della conoscenza come comfort ed il comfort come essenza della semplicità.

Vi è mai capitato di stare fermi ad un semaforo e vedere sul display di fronte a voi il countdown verso la luce verde?

Questo è un esempio di conoscenza che genera comfort, concetto alla base delle barre di progressione che ricordano i tempi dei primi sistemi informatici, quando cioè si dovevano gestire installazioni di ore o processi interminabili in questo caso “velocizzati” agli occhi dell’utente da una barra in avanzamento. Lento o lentissimo ma regolare. 

Legge 4 – IMPARA

“La conoscenza rende tutto più semplice”

Maeda anche in questo caso sceglie come approccio all’insegnamento un processo sintetizzato nell’acronimo BRAIN, (Basics, Repeat, Avoid, Inspire, Never) ovvero:

– esponi subito i principi di base;

– ripeti spesso quello che hai detto;

– evita di creare disperazione;

– ispira citando degli esempi;

– mai dimenticare di ripetere quello che hai detto.

Alla base di questa legge vi è l’idea che i prodotti di design di maggiore successo hanno una stretta relazione con il contesto più ampio dell’apprendimento e della vita.

Un esempio? Quanto vi è difficile immaginare una scrivania, in uno studio e corredata dei principali strumenti operativi? Ci siamo mai chiesti perché la scrivania del computer si chiama desktop, il cestino ha la forma di un cestino e le cartelle sembrano i faldoni dei film americani anni 70/80?

Quanto ha inciso questo parallelismo per rendere semplice la comprensione di una macchina estremamente complessa come un PC è agli occhi di tutti.

Legge 5 – DIFFERENZE

“La semplicità e la complessità sono necessarie l’una all’altra.”

Più c’è complessità nel mercato più le cose semplici emergono e risultano evidenti, sembrerà strano ma senza la controparte della complessità non potremmo riconoscere la semplicità quando ci si palesa di fronte.

Legge 6 – CONTESTO

“Ciò che sta alla periferia della semplicità non è assolutamente periferico.”

La sesta legge sottolinea l’importanza di quel che potrebbe andare perduto durante un processo di progettazione.

Legge 7 – EMOZIONE

“Meglio emozioni in più piuttosto che in meno.”

Questo concetto vale sia per i rapporti umani dove l’espressione delle emozioni non è più vista come una debolezza ma come un tratto umano desiderabile, sia per gli oggetti dove, ad esempio, l’unione di un prodotto dal design molto semplice ed essenziale con accessori opzionali personalizzabili permette all’utente di esprimere le proprie sensazioni alla ricerca del comfort e della funzionalità.

Legge 8 – FIDUCIA

“Noi crediamo nella semplicità”

Credere nella semplicità significa credere, ad esempio, nella capacità delle macchine di essere empatiche nei nostri confronti, nel tempo ci siamo abituati ad avere risultati della ricerca di Google sempre più fedeli o suggerimenti Amazon sugli acquisti che sembrano fatti apposta per noi.

Maggiore è la conoscenza del sistema sul nostro conto e minore sarà lo sforzo che dovremo fare per pensare e così, il dilemma sarà trovare un equilibrio tra quanto dobbiamo sapere del sistema rispetto a quanto il sistema deve sapere di noi.

Dieci anni dopo l’UE, percependo l’avanzare del secondo sul primo, avrebbe sintetizzato il GDPR (Regolamento UE 2016/679).

Legge 9 – FALLIMENTO

“Ci sono cose che non è possibile semplificare”

La semplicità ha anche dei difetti, i principali sono questi:

  • sovraccarico di acronimi: SHE, SLIP,  BRAIN. 
  • cattive gestalt: nella legge 2 Maeda introduce il concetto di gestalt ovvero la capacità della mente di riempire spazi vuoti, il che giustifica l’ammissione di un’interpretazione creativa, ma questa “apertura” può essere causa di confusione se presa troppo alla lettera. 
  • troppe leggi: per questo John Maeda ha creato la decima che le riassume tutte.

Legge 10 – L’UNICA

“Semplicità significa sottrarre l’ovvio e aggiungere il significato”

Maeda dopo aver applicato la SLIP alle sue leggi, ha compreso che molte idee ruotavano attorno a 3 tecnologie (chiavi) specifiche:

  • LONTANO: ”Più sembra meno: basta semplicemente spostarlo lontano, molto lontano” 
  • APERTO: “L’apertura semplifica la complessità”
  • ENERGIA: “Usa di meno, ottieni di più”

Maeda in sintesi

Maeda nel capitolo 10 riassume alcuni concetti molto importanti che mi hanno colpito anche più delle leggi stesse. Una tra queste è la riflessione per cui “le migliori soluzioni nascono quando ci sono più vincoli” concetto che si affianca a quello che “l’urgenza e lo spirito creativo vanno di pari passo e l’innovazione che ne risulta è una preziosa ricompensa”. 

L’autore in definitiva ci dà gli strumenti per affrontare vita, lavoro e rapporti con il piglio di chi vuole a tutti i costi semplificare ma nel farlo ci mette in guardia dall’eccedere nella semplificazione.

Proponendoci delle regole ci spiega come superarle, spende tempo ed “energie” a coniare acronimi che vede come limite alla semplificazione. Una contraddizione? No perché fa tutto parte di un approccio, ben argomentato, che insegna che “la tecnologia e la vita diventano complicate solo se lasciate che lo diventino”.

Maeda J. Le leggi della semplicità. Bruno Mondadori editore, 2006, 148 pag.

Lavorare con le leggi della semplicità
Lavorare con le leggi della semplicità © Alessio Migazzi – Dolomeet SrL

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A scuola di produttività con OZIO CREATIVO

Esiste un ozio attivo e necessario alla produzione di idee: ozio creativo di Domenico De Masi ce ne insegna l’essenza.

Ozio creativo è un interessante libro intervista nel quale Domenico De Masi, incalzato dalle domande di Maria Serena Palieri. Approfondisce la tesi di un ozio attivo, necessario alla produzione di idee così come necessario allo sviluppo della società e della filosofia che sta alla base di molte aziende.

Per De Masi infatti, nella società postindustriale, è proprio l’ozio creativo che deve assumere un ruolo da protagonista.

Il futuro infatti è di chi saprà sottrarsi alla tradizionale idea di lavoro come corvé, di chi saprà puntare a una misura di attività in cui il lavoro va a confondersi con il tempo libero, con lo studio e con il gioco.

Una tesi basata su ricerche, case history, ed interviste ma soprattutto fondata sull’esperienza di vita e di studio dell’autore.

Dove nascono le idee?

De masi è convinto che la quantità di idee prodotte non sia direttamente proporzionale alla quantità di ore trascorse in azienda

Indagini scientifiche, condotte in particolare sul telelavoro, dimostrano che compiti che in azienda richiedono circa 8 o 10 ore, da casa possono essere svolti in 4 o 5 ore.

La gente passa in azienda il doppio del tempo strettamente necessario e questo, in parte, è dato dal fatto che siamo abituati ad applicare al lavoro intellettuale regole che furono le basi del lavoro materiale.

L’autore fa un esempio che è calzante, spiegando che se a inizio secolo fossimo andati in visita alla Ford il vecchio Henry sarebbe stato fiero di parlarci di efficienza, organizzazione, ore di lavoro e produttività.

Quando oggi andiamo in visita ad una fabbrica, senza scomodare il buon Adriano Olivetti, sentiamo invece parlare di socialità, estetica, luminosità degli ambienti e benessere dei lavoratori quali valori imprescindibili dell’impresa.

Se ci pensate questa è una vera conquista!

Cos’è in definitiva l’ozio creativo?

Bisogna innanzitutto premettere che tra inezia fisica e lavoro intellettuale non c’è altrettanta separazione.

Si può stare sdraiato per ore mentre la mente lavora vorticosamente perché è vero che l’amaca è l’opposto della catena di montaggio ma non è detto che sia meno produttiva.

Oziare non significa non pensare ma significa “non pensare secondo regole obbligate“, non avere l’assillo del cronometro.

L’ozio creativo è vitale per la produzione di nuove idee e per la definizione di soluzioni diverse rispetto a quelle già conosciute.

E poi serve dirigere il tempo libero risultante dedicandone una parte a noi stessi, alla cura del nostro corpo e della nostra mente; un’altra alla famiglia e agli amici e una terza alla collettività ed alla sua organizzazione civile e politica.

Solo così si potrà ottenere una civiltà più matura e più a misura d’uomo.

L’importanza della formazione

Un altro concetto importante che De Masi rimarca è che, rispetto al passato, la nostra identità dipende sempre di più dalla nostra formazione.

La nostra formazione dipende da quello che impariamo, dalla nostra capacità di produrre idee, dal nostro stile e dal nostro senso estetico.

Purtroppo i manager di oggi vivono chiusi nella boccia aziendale e così finiscono per avere sempre meno idee e sempre più paura del mondo esterno, un dramma per una società basata sul terziario e sull’innovazione.

Sarebbe da isolarli perché non contamino i manager delle future generazioni.

Ozio creativo è un concentrato di teorie controcorrente, che non troverete mai nella letteratura americana in materia e che si discosta appunto dai grandi classici del personal empowerment.

Nel suo essere controcorrente è un saggio drammaticamente realista e propone risposte oltre che alle carenze aziendali ai vuoti valoriali che la società stessa va a generare portando l’individuo alla solitudine.

Ozio creativo è una risposta ai bisogni di innovazione della società dell’economia e dei suoi rapporti con l’uomo individuo e lavoratore fatti di tutele e doveri. Come dice Nietzsche:

chi non dispone di due terzi della sua giornata è uno schiavo, qualunque cosa sia per il resto: uomo di stato, commerciante, impiegato, studioso.

De Masi D. Ozio creativo. Conversazione con Maria Serena Palieri. BUR, 2000, 300 pag.

Esiste un ozio attivo e necessario alla produzione di idee: ozio creativo di Domenico De Masi ce ne insegna l'essenza
Esiste un ozio attivo e necessario alla produzione di idee: ozio creativo di Domenico De Masi ce ne insegna l’essenza © Alessio Migazzi – Dolomeet SrL

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Il pensiero laterale: come produrre idee sempre nuove

“Quando il normale procedimento verticale non riesce a trovare la soluzione di un certo problema, o quando serve un’idea nuova, allora si dovrebbe usare il pensiero laterale.”

In un’agenzia creativa che si rispetti non può mancare l’applicazione dei principi di De Bono.

Dal metodo dei 6 cappelli al pensiero laterale, nel tempo queste tecniche si sono fatte strada brillando per innovazione e solidità della proposta.

Il pensiero laterale, volume edito da BUR, è un classico che da anni si è intrufolato nelle dinamiche di agenzie di comunicazione, studi di creatività e design ma anche nelle stesse stanze dei bottoni dove manager alla ricerca di nuovi metodi di approccio ai problemi hanno progressivamente iniziato a far uso dei principi di De Bono.

Il pensiero laterale: alcuni avvertimenti

Prima di leggere il libro permettetemi alcuni avvertimenti:

  • leggendo le recensioni degli utenti sui principali store on line troverete opinioni diametralmente opposte e discordanti. C’è chi ritiene questo libro tutta teoria e chi lo ritiene troppo basato su esempi e con poco filosofia;
  • non immaginatevi una lettura discorsiva, aspettatevi piuttosto un libro da leggere con calma ed al quale prestare la dovuta attenzione.

La mia personale opinione è che questo sia un libro da avere in libreria, ma pur rendendo il merito ai contenuti di indiscusso spessore ho apprezzato solo in parte la struttura.

Nonostante riporti molti esempi concreti l’autore non porta mai il lettore a seguire un metodo specifico, le classiche “10 regole” tipiche dei libri di management e che personalmente apprezzo. Diluisce invece i suoi principi lungo tutte le 150 pagine lasciando al lettore l’onere e l’onore della sintesi.

De Bono comunque enuncia le sue teorie con chiarezza e convinzione tanto che le stesse si fanno strada nella mente di chi legge analizzando molto bene pregi e difetti del pensiero logico.

Quest’ultimo è basato sul bisogno di essere conseguenti in ogni momento e ad ogni stadio, confrontandolo con il pensiero laterale il cui primo obiettivo è comunque quello di dimostrare che le idee dominanti possono essere più dannose che utili. 

Il metodo logico inoltre, ad ogni passo, deve fare scelte alternative rendendo peraltro prevedibile il corso dei pensieri di una persona che ragiona verticalmente, mentre il pensiero laterale non ha tale necessità.

Quali sono i principi operativi del pensiero laterale?

Considerando che molto spesso tutti gli elementi di base di una soluzione nuova sono già disponibili si tratta solo di comporli secondo una nuova formula. Lo schema di azione del pensiero laterale può essere articolato su quattro principi operativi:

  1. L’identificazione delle idee dominanti o polarizzanti;
  2. la ricerca di nuovi metodi di indagine della realtà;
  3. l’evasione dal rigido controllo esercitato dal pensiero verticale;
  4. l’utilizzazione dei dati e delle circostanze fortuite.

Il pensiero laterale è un metodo per certi versi parallelo ed indipendente rispetto all’analisi logica dei problemi ed agisce a monte del problema stesso.

Spesso il problema più difficile sta proprio nella formulazione dei problemi e nel saperli riconoscere.

Un esempio? Chi ha mai pensato di considerare il nome ovvero la denominazione di una cosa o di un’azione, come un problema?

Purtroppo la rigidità della denominazione è una barriera collegata alla rigidità delle classificazioni ed a sua volta la rigidità delle classificazioni conduce a un’impostazione obbligata del problema.

Ne è un’esempio l’invenzione della freccia (intesa come segnale luminoso integrato nei fari di un autoveicolo) che prima di tale applicazione era di tutto men che associata ad un segnale luminoso.

La parola FRECCIA è stata infatti il primo limite nel risolvere il problema.

Uno degli accorgimenti per evitare l’effetto coartante delle denominazioni è quindi quello di “pensare per immagini visive, senza usare per nulla i vocaboli.”

Il valore di un’intuizione

Un altro concetto molto importante è il valore di un’intuizione e l’importanza di lascarla sedimentare.

“lanciarsi su un’idea appena si presenta equivale ad ucciderla, isolarla nel suo humus e arrestarne la crescita”

È importante infatti approcciare con lucidità e distacco anche e soprattutto alle intuizioni apparentemente più geniali così come è importante “non disfarsi in fretta di un’idea che appare logicamente assurda”.

Entrambe entreranno a far parte dei dati contribuendo ad aumentare le probabilità di risolvere le incognite.

Il pensiero laterale e l’incidenza del caso

L’ultimo aspetto che ritengo importante è l’incidenza del caso il quale è in grado di offrire occasioni di cui diversamente non si sarebbe mai pensato di servirsi ed esiste un modo per favorire l’intervento del caso: il gioco.

Con la stessa importanza interviene l’umorismo, condizione in cui la mente

“passa liberamente dalla considerazione del significato ovvio a quella del significato inaspettato ma plausibile e viceversa”.

De Bono fa un’analisi molto completa di quella che è la sua teoria e lo fa chiarendo concetti apparentemente banali e sfatando miti. Mi viene in mente l’esempio dell’insegnamento che non è necessariamente legato al progresso: suo scopo è di diffondere nozioni ritenute utili ovvero informare, non creare. 

Miti e condizionamenti che generano rigidità mentre a un manager, un creativo o un designer è richiesto di essere fluido per adattarsi ai cambiamenti e produrre idee sempre nuove ed il pensiero laterale è sicuramente il metodo oltre che lo strumento giusto.

De Bono E. Il pensiero laterale. Come produrre idee sempre nuove. BUR, 1967-2018, 145 pag.

Il pensiero laterale di De Bono: come produrre idee sempre nuove
Il pensiero laterale: come produrre idee sempre nuove © Alessio Migazzi – Dolomeet SrL

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